Infarto intestinale: sopravvivenza, esami, cure, post operatorio

2022-09-24 12:42:58 By : Ms. Selina Bie

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Un infarto intestinale non trattato tempestivamente, può determinare il decesso del paziente.

Con “ischemia intestinale“, in medicina si identifica una alterazione della circolazione sanguigna nei tessuti dell’intestino, determinata da varie cause, come l’occlusione di un’arteria che porta sangue ossigenato all’intestino, ma anche l’alterazione del flusso venoso intestinale.

Si distinguono quindi ischemie intestinali venose o arteriose, oltre a ischemie intestinali acute o croniche e ancora ischemie intestinali occlusive e non occlusive. In seguito all’alterazione della circolazione, la mucosa intestinale si trova ad avere un minor apporto di nutrienti ed ossigeno, col risultato che – se il flusso sanguigno non viene rapidamente ripristinato – la mucosa intestinale va in “necrosi” (cioè muore), andando a delineare appunto il quadro di un infarto intestinale.

Ricordiamo che la mucosa intestinale ha un’elevata richiesta di flusso ematico (riceve quasi un quarto dell’intera gittata cardiaca), il che la rende molto sensibile agli effetti della diminuita perfusione.

L’ischemia intestinale si instaura quindi in modo piuttosto rapido e può determinare una serie di eventi in sequenza, anche letali:

La necrosi si può verificare anche solo dopo 10 ore dall’inizio dei sintomi.

L’ischemia intestinale può verificarsi per una ostruzione o rottura vasale a livello dei tre vasi maggiori che vascolarizzano gli organi addominali:

Il flusso sanguigno mesenterico può essere alterato a livello di tali arterie, ma anche a livello dei vasi venosi che raccolgono il sangue non più ossigenato, dall’intestino.

L’ischemia mesenterica può essere acuta o cronica:

Le prime due situazioni sono dette “ischemie mesenteriche acute occlusive“, mentre la terza situazione è detta “ischemia mesenterica acuta non occlusiva“.

L’ischemia mesenterica cronica è invece determinata quasi sempre da una occlusione dell’arteria mesenterica causata da un ateroma che si espande in modo graduale. In questo caso è quindi l’aterosclerosi la causa dell’ischemia cronica: l’ischemia mesenterica cronica è quindi sempre di tipo “non occlusivo”.

L’ischemia intestinale può essere determinata non solo da cause arteriose, ma anche venose: quando una ostruzione impedisce al sangue venoso di abbandonare correttamente l’intestino, si innesca infatti un accumulo e successivamente un reflusso, cioè il sangue “torna indietro”.

Alla base dell’ostruzione venosa c’è quasi sempre un coagulo sanguigno (embolo) che blocca la vena mesenterica o sue diramazioni.

Tale embolo è generalmente causato o favorito da:

L’ischemia intestinale da cause venose prende anche il nome di “trombosi venosa mesenterica“.

L’ischemia da cause venose è comunque meno frequente rispetto a quella arteriosa e, in teoria, meno grave.

Il primo segno “premonitore” caratteristico di ischemia mesenterica è un forte dolore accompagnato da minimi reperti fisici.

L’addome rimane morbido, con dolorabilità minima o nulla.

Può essere presente una tachicardia lieve. Successivamente, quando si sviluppa la necrosi e quindi l’infarto intestinale vero e proprio, appaiono i segni della peritonite, con marcata dolorabilità addominale, reazione di difesa, rigidità e assenza di rumori intestinali.

Le feci possono presentare tracce ematiche (sempre più probabili con il progredire dell’ischemia), di colore diverso a seconda del tratto intestinale interessato: più marrone scuro se interessato l’intestino tenue, via via più rosso vivo se la lesione interessa zone più vicine all’ano (ad esempio colon discendente e sigma).

Si sviluppano i tipici segni dello shock che spesso sono seguiti dal decesso.

I sintomi possono aiutare il medico nella diagnosi: l’insorgenza improvvisa del dolore suggerisce un’embolia arteriosa (ma non ne permette la diagnosi di certezza), mentre un’insorgenza più graduale è tipica di una trombosi venosa. I pazienti con anamnesi di disturbi addominali postprandiali (che suggeriscono un’angina intestinale) possono avere una trombosi arteriosa.

I sintomi e segni possono essere differenziati in base a tre fattori principali:

Quando l’ischemia colpisce il colon discendente (colon di sinistra) si verificano:

Quando l’ischemia colpisce l’intestino tenue in modo acuto, si verificano:

Quando l’ischemia colpisce l’intestino tenue in modo cronico, si verificano:

Quando l’ischemia colpisce l’intestino tenue per cause venose, si verificano:

La diagnosi precoce è particolarmente importante dato che la mortalità aumenta significativamente una volta che si è verificato l’infarto intestinale: una diagnosi precoce generalmente salva la vita del paziente.

L’ischemia mesenterica deve essere presa in considerazione in ogni paziente > 50 anni, con fattori di rischio conosciuti o condizioni predisponenti, che presenti un dolore addominale improvviso e grave.

I pazienti con chiari segni peritoneali devono essere inviati direttamente in sala operatoria sia per la diagnosi che per la terapia.

Negli altri, l’angiografia mesenterica selettiva o l’angio-TC è la procedura diagnostica di scelta.

Altri studi di imaging e marker sierici possono risultare alterati ma non sono sensibili e specifici nelle fasi iniziali della malattia, quando è più importante fare la diagnosi.

La RX diretta dell’addome è utile nella diagnosi differenziale per escludere altre cause di dolore (viscere perforato), anche se nelle fasi avanzate della malattia può essere osservata la presenza di bolle gassose nella vena porta o pneumatosi intestinale.

Questi reperti sono visibili anche nella TC, che può inoltre visualizzare direttamente l’occlusione vascolare in modo più accurato sul versante venoso.

L’ecodoppler può talvolta identificare un’occlusione arteriosa, ma la sensibilità è bassa. La RM è molto accurata nell’occlusione vascolare prossimale, ma meno nell’occlusione vascolare distale.

I marker sierici (creatinfosfochinasi e lattato) aumentano con la necrosi, ma sono reperti aspecifici e tardivi. Leucocitosi neutrofila e sangue occulto nelle feci sono altri parametri importanti per la diagnosi.

La proteina nel serio legante gli acidi grassi intestinali potrà forse in futuro rivelarsi utile come marker precoce.

Nell’infarto intestinale del tenue, la diagnosi deve essere quanto più possibile precoce.

Se determinato da una occlusione vascolare mesenterica è possibile un efficace trattamento anticoagulante e trombolitico, mentre se determinato da insufficiente apporto vascolare, deve essere ristabilito tempestivamente un adeguato volume ematico e tono pressorio.

Se la diagnosi è più tardiva, oltre le 6-8 ore, si impone l’intervento chirurgico.

Alla apertura della cavità peritoneale, il chirurgo ricerca le anse affette; esse, in dipendenza dal tempo trascorso dall’insulto vascolare, sono virate di colore dal consueto roseo al violaceo o nerastro (indicante necrosi), ed il fluido libero contiguo può essere sieroso o ematico.

Il chirurgo ripristina la pervietà dei vasi mesenterici e valuta l’estensione del tratto intestinale affetto da resecare.

Più frequentemente, infatti, dall’episodio acuto si transita verso una fase subacuta e cronica, nella quale residua un modico ispessimento del tratto affetto.

La terapia specifica di un infarto intestinale varia in base alla causa, alla gravità ed al tipo di ischemia.

Ad accomunare tutte le terapie sono tre obiettivi:

Se la causa è l’aterosclerosi, la terapia prevede un trattamento farmacologico:

Nei casi più gravi, potrebbe essere necessario:

In altri casi (non un embolo), se possibile si interviene sulla causa specifica: volvolo intestinale, tumore al colon, insufficienza cardiaca, vasculite, abuso di farmaci… sono tutte situazioni su cui si interviene per interrompere l’ischemia.

Se il danno all’intestino è irreversibile, si esegue un intervento chirurgico per rimuovere il tratto intestinale necrotico.

Se la causa è un embolo, la terapia prevede:

Se la causa è un trombo la terapia prevede una angioplastica con stent.

In altri casi (non un embolo, né un trombo), se possibile si interviene sulla causa specifica: insufficienza cardiaca, renale, tumore occludente, abuso di farmaci… sono tutte situazioni su cui si interviene per interrompere l’ischemia.

Se il danno all’intestino è irreversibile, si esegue un intervento chirurgico per rimuovere il tratto intestinale necrotico.

Importante ridurre il rischio aterosclerotico (ad esempio con dieta e statine).

La terapia prevede l’assunzione di anticoagulanti per 3-6 mesi (in alcuni casi la terapia è a vita).

In presenza di danni irreversibili all’intestino, oltre alla terapia anticoagulante, si esegue un intervento chirurgico per rimuovere il tratto intestinale necrotico.

Il decorso postoperatorio dipende fondamentalmente dalle condizioni del paziente, dal tipo di terapie applicate e dalla porzione di intestino andata in necrosi.

In caso di rimozione di ampie parti dell’intestino, la degenza potrebbe prolungarsi.

Generalmente i pazienti tornano alle normali attività entro 3-4 settimane, in cui dovranno evitare sforzi e seguire la dieta consigliata dal medico.

In assenza di trattamenti tempestivi o se è molto grave, l’ischemia può determinare varie complicanze:

La sopravvivenza ad una ischemia mesenterica acuta è molto variabile e fortemente influenzata dalla tempestività di intervento: se la diagnosi ed il trattamento hanno luogo prima che l’ischemia determini infarto intestinale, la prognosi è decisamente migliore, con una mortalità bassa.

Se diagnosi e trattamento si raggiungono dopo l’infarto intestinale, la mortalità è generalmente molto elevata e raggiunge il 70-90%, con una variabilità dovuta a molti fattori, come età del paziente e sue eventuali altre patologie come diabete o coagulopatie: pazienti anziani con tali patologie hanno un rischio mediamente più elevato.

La diagnosi tempestiva ed il trattamento precoce, come e più rispetto ad altre patologie, fanno in questo caso la vera differenza tra la vita e la morte del paziente.

E’ possibile ridurre il rischio di ischemia ed infarto intestinale e di recidive, apportando alcune semplici modifiche al proprio stile di vita, che aiutano a prevenire l’aterosclerosi ed altri fattori di rischio.

E’ fondamentale una dieta ricca di frutta, verdura e cereali integrali e riducendo, inoltre, la quantità di zucchero aggiunto, carboidrati, colesterolo e grassi.

Le fibre devono essere né troppe, né troppo poche.

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