Wing-car e Formula 1, dove abbiamo alloggiato? I modelli Alfa Romeo

2021-11-16 22:07:03 By : Ms. Yanqin Zeng

La Sauber dovrebbe produrre la sua prima monoposto ala di Formula 1 nel 2022. Il costruttore svizzero - dal 2019 sotto le insegne dell'Alfa Romeo Racing - è infatti attivo in F1 dal 1993, anno in cui le vetture a fondo piatto dotato di diffusori aveva regnato per un decennio.

La Sauber, tuttavia, non è estranea alla progettazione di auto ad effetto suolo. I Prototipi del Gruppo C, infatti, si avvalevano di fondali dotati di profondi e vistosi tunnel Venturi. Il presente e il futuro dell'Alfa Romeo in F1 passano attraverso l'esperienza dello stabilimento di Hinwil.

Dopo la doppietta mondiale nel biennio 1950-1951, il marchio Alfa Romeo è tornato in Formula 1 - come costruttore “totale”, telaio e motore - nel 1979.

L'esperienza dei 12 cilindri contrapposti - forniti alla Brabham già nel 1976 con il modello BT45 - ci aveva fatto capire le ottime potenzialità dei motori multifrazionati realizzati dall'Autodelta di Carlo Chiti.

Le fasi che riportano il marchio Alfa Romeo in F1 - attraverso l'"ala armata" della casa milanese, la già citata Autodelta - sono piene di ripensamenti e tribolazioni. Sta di fatto che il ritorno del Biscione in F1 coincide con la nascita e l'espansione delle monoposto effetto suolo.

L'Alfa Romeo 177 nasce già nel 1977. L'auto concepita da Carlo Chiti incarna un primo, interessante esempio di wing-car “italiana”. La vettura subì intensi test a partire dalla primavera del 1978 (Balocco, Paul Ricard, ecc.), condotti anche da Niki Lauda, ​​all'epoca pilota della Brabham, che però rifiutò il progetto. Il debutto in pista tarda a concretizzarsi.

Il 177, pur denotando spunti tecnici degni di nota, risulta essere eccessivamente massiccio e pesante. In particolare, è la versione iniziale che presenta le caratteristiche più originali, tra cui l'assenza di un vero alettone posteriore e il tipico frontale avvolgente, caratterizzato dalla presenza del radiatore dell'olio centrale e di un'ala futuristica. Immancabili le pance lunghe, poi modificate e dotate di minigonne mobili.

Lo sviluppo della 177 porterà a versioni più "conservatrici" della stessa, ora dotate di autentici parafanghi posteriori. Scompare anche il radiatore dell'olio annegato nel naso, riposizionato. Rimane invece invariata la configurazione dell'ala anteriore, concettualmente molto simile a quella visibile sulla “bozza” di F1 2022. L'Alfa Romeo 177 è spinta dal 12 cilindri contrapposto 115-12 utilizzato anche sulla Brabham: un motore imponente che, a bordo di una F1, non si presta all'ottimizzazione dei tunnel Venturi.

La 177 disputa tre Gran Premi, tutti nel 1979. Ancora eccessivamente massiccia, pesante, poco agile e maneggevole, la 177 - nelle mani di Bruno Giacomelli - colleziona un ritiro (GP del Belgio) e un 17° posto (GP di Francia). Vittorio Brambilla, invece, non va oltre il 12° posto al GP d'Italia. Intanto, in occasione del GP di Monza, debutta la nuova Alfa Romeo 179, guidata da Giacomelli.

In quel 1979 la 179 è presente solo a Monza, Montreal (qui con solo Brambilla) e Watkins Glen. I risultati sono deludenti, tuttavia la 179 si rivela un'autentica wing-car di concezione più moderna, nata in galleria del vento. È infatti spinta dal nuovo e più leggero V12 aspirato di 60°, un motore che - data la sua stretta architettura a V - lascia ampio spazio ai Venturi ricavati in corrispondenza delle pance laterali. Inoltre, il nuovo telaio a nido d'ape in alluminio è più stretto, più leggero e più rigido rispetto alla scocca realizzata con soli pannelli in alluminio rivettati della 177.

La 179 è l'auto che il Team Marlboro Alfa Romeo mise in campo nel 1980. La bellissima monoposto ideata da Carlo Chiti e Robert Choulet è caratterizzata da forme arrotondate e generose. Interessante - ma non inedito - l'ala anteriore a freccia negativa, particolarità aerodinamica che ritroviamo anche sulla Tyrrell 008 del 1978. Come altre vetture, anche la 179 viene, in alcune occasioni, spogliata delle ali anteriori già nel 1979.

La vettura si rivela discreta, veloce e competitiva in qualifica ma poco affidabile in gara. È così che Bruno Giacomelli e Patrick Depailler raccolgono meno di quanto realmente meritino. Alla morte di Depailler, si sono alternati alla guida della 179 Vittorio Brambilla prima e Andrea De Cesaris poi. Gli unici punti della stagione, però, sono stati raccolti da Giacomelli, che ha chiuso al 5° posto a Buenos Aires e Hockenheim.

Memorabile, ma dall'amaro in bocca, la pole position firmata da “Jack O' Malley” a Watkins Glen. Una gara che il veloce pilota italiano comanda con fermezza fino al “fatale” 31° giro: problemi di accensione e sogno infranto.

Nella foto a corredo dell'articolo è possibile ammirare la 179 al GP di Monaco 1980 guidata da Patrick Depailler. Apprezzabili i parafanghi anteriori con freccia negativa, le carenature in corrispondenza dei bilancieri della sospensione anteriore che si estendono quasi fino alle bocche delle prese d'aria laterali, i lati lunghi caratterizzati dalle "branchie" preposte allo smaltimento dell'aria calda proveniente dai radiatori e dalle minigonne mobili, i quattro terminali di scarico, la griglia che protegge le trombette di aspirazione del V12 3000cc aspirato.

Il modello 179 è anche il protagonista della stagione 1981. Vengono realizzate altre tre versioni di questa vettura: 179C, 179D e 179F. Si tratta infatti di variazioni sul tema - ovvero gli adeguamenti al nuovo regolamento entrato in vigore nel 1981 - della valida 179. L'essenzialità aerodinamica delle wing-car del biennio 1979-1980 lascia il posto alle vetture ora senza minigonne mobili ma dotate di profili decisamente più imponenti.

Sia il 179C che il 179D hanno, in questo senso, una vistosa ala anteriore a sbalzo. Inoltre vengono sperimentate le “gonne d'aria”: l'aria, incanalata in speciali e strette fessure ricavate lungo le pance, viene scaricata ad alta velocità verso il suolo. L'obiettivo è quello di sigillare il fondo dell'auto tramite una sorta di "muro d'aria". Ritroviamo la stessa soluzione nella F1 contemporanea: ci riferiamo alle fessure ricavate lungo il fondo della vettura che, di fatto, creano minigonne d'aria.

Bruno Giacomelli e Mario Andretti portano in gara la 179C. Meno brillante in qualifica rispetto alla 179 del 1980, la 179C si dimostrò discretamente competitiva in gara, anche se ben al di sotto delle aspettative dell'Autodelta. Andretti chiude il GP degli Stati Uniti Ovest al 4° posto a Long Beach, Giacomelli è 4° a Montreal e 3° a Las Vegas. La 179D, invece, non conquista punti iridati: viene utilizzata da Giacomelli e Andretti in occasione dei GP di Germania e Austria, dall'unico campione italo-americano nei GP di Olanda, Italia, Canada. , Las Vegas.

L'Alfa Romeo cerca il rilancio definitivo nel 1982. Arriva Gérard Ducarouge. Al confermatissimo Giacomelli si affianca il sempre velocissimo Andrea De Cesaris. Per il debutto stagionale in Sud Africa, Autodelta porta in pista la 179D. Nascosto e mai utilizzato a Kyalami, c'è anche il 179F. Questa è la prima vettura Alfa Romeo con carrozzeria in fibra di carbonio. Questa vettura non sarà mai utilizzata nelle corse, prontamente sostituita dall'Alfa Romeo 182. La 179F “Test Car” è ora esposta al Museo Alfa Romeo.

La 182 si presenta come un ulteriore passo evolutivo compiuto da Autodelta attorno al concetto di wing-car. Ben rifinito e moderno, il 182 rivela linee più filanti e affusolate rispetto al precedente 179. Ben rifiniti sono i Venturi, dotati di serbatoio centrale a carenatura della trasmissione. La 182 presenta anche i tipici quattro terminali di scarico: ogni bancata di 6 cilindri del 60° 1260 V12, infatti, presenta due gruppi di scarichi 3 in 1. I terminali di scarico si trovano ora tra gli elementi superiori della sospensione posteriore, il telaio di supporto e gli alberi di trasmissione. Sempre presente, a bordo del 182, l'ala anteriore.

La vettura si rivela abbastanza veloce e competitiva in qualifica ma poco affidabile in gara. Andrea De Cesaris conquista la pole position al GP degli Stati Uniti Ovest a Long Beach e torna in prima fila - 2° tempo - a Detroit (GP Stati Uniti Est). Giacomelli, dal canto suo, parte con il 3° tempo al GP di Monaco. Monaco 1982, appunto. Uno dei GP più pazzi della storia della F1. Un GP che vede, tra i possibili vincitori, anche De Cesaris, che però chiuderà la gara al 3° posto e senza benzina.

Tra incidenti, prestazioni fuori dai punti e guasti meccanici, la 182 scarta solo 7 punti, frutto del già citato 3° posto di De Cesaris in quel di Monaco, del 6° posto ripreso dal pilota romano a Montréal e del 5° agguantato di Giacomelli a Hockenheim. Risultati scarsi a fronte di una vettura dalle ottime potenzialità.

Nel frattempo, anche l'Alfa Romeo 182T scende in pista durante i test per il GP d'Italia a Monza. La vettura laboratorio è spinta dal nuovo motore 8 cilindri Turbo da 1500 cc che debutterà ufficialmente in gara sulla 183T del 1983.

Anche per l'Alfa Romeo il 1982 è l'ultimo anno delle monoposto di F1 effetto suolo. Indubbiamente l'Autodelta ha offerto vetture e motori interessanti che però hanno raccolto poco. Le cause degli scarsi risultati ottenuti dalle vetture Alfa Romeo in gara sono molteplici. Tra questi, però, c'è la controversa figura dello stesso Carlo Chiti, ottimo tecnico ma accentratore e poco avvezzo al dialogo con i suoi collaboratori. Un fattore che ha tarpato le ali allo sviluppo.

Un dato è certo: le wing-car Alfa Romeo rimangono, ancora oggi, vetture ammirate in tutto il mondo.

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